Frugando i miei cassetti in soffitta, (da molto non lo facevo, c’era un
sacco di polvere…) mi è capitato fra le mani questo libretto di appena 94 pagine, stampato nel 1956,
dal titolo I MIEI SETTE FIGLI il
racconto di ALCIDE CERVI, della sua vita semplice da contadino e del sacrificio dei sette figli, eroi della
Resistenza, uccisi brutalmente il 28 dicembre del 1943 dai fascisti.
La guerra è odio ma quello era solo odio: uno dei tanti momenti bui
della storia del nostro Paese..
Italiani che ammazzano altri italiani, allora era inconcepibile. Oggi più niente ci meraviglia. Ma questo non è una bella cosa...
Allora si combatteva per la propria libertà. E oggi? Siamo liberi, o
siamo illusi di esserlo?
Il racconto si conclude così:
“Io vorrei farvi sentire che cos'è avere ottant’anni, aspettarsi la morte
da un momento all’altro, e pensare che forse tanto sacrificio non è valso a niente,
se ancora odio viene acceso tra gli italiani. Che il cielo si schiarisca, che sull’Italia
torni la pace e la concordia, che i nostri morti ispirino i vivi, che il loro sacrificio scavi profondo nel cuore della
terra e degli uomini. Allora si, mi sarò guadagnato la mia morte, e potrò dire alla
madre dolce e affettuosa, alla sposa mia adorata: la terra non è più come quando tu c’eri, sulla terra si
può vivere, e non solo morire di crepacuore. E ai figli, dirò: l’Italia vostra è
salva, riposate in pace, figli miei.”
Alcide Cervi