cassetti confusi

cassetti confusi

sabato 27 maggio 2017

INDOVINA CHI VENNE A CENA - RACCONTO DI UNA JAM SESSION ETILICA..

INDOVINA CHI VENNE A CENA, CON JAM SESSION
(Mr.Hyde su MAGAZZINI INESISTENTI)





Quella sera avevamo organizzato una cena con  Mario, il nostro padrone di casa che avrebbe anche provveduto  a procurare da mangiare a da bere. Si presentò con  un borsone, la cassetta degli attrezzi da falegname ed una quantità interminabile di bottiglie: dal Barbera al Nebbiolo, al vino speciale di sua produzione, ed una bottiglia di grappa ereditata dal nonno che aveva fatto parte della gloriosa Brigata Taurinense durante la Grande Guerra, da stappare nelle grandi occasioni. Dentro il borsone c’era  una pentola con del sugo ai funghi porcini, tagliatelle fatte in casa, un contenitore con  porcini e carne a spezzatino  e, sontuosa conclusione, un altro pentolone con della “Bagna Cauda” e verdure da intingervi, talmente “strong” da fare risvegliare tutti i gatti del cortile che, in un attimo, ci trovammo lì,  a gironzolare eccitati sotto il nostro balcone a miagolare attirati dall’intenso odore di acciughe ed aglio, invadente e tenace, come le impronte violacee del vino che lasciarono i  fondi dei bicchieri posati sui ripiani di legno di tavoli, sedie, mensole e sul pavimento.
Festeggiammo il trasloco “forzato” da un altro alloggio di sua proprietà: da lì Mario ci aveva letteralmente sbattuti fuori, approfittando della nostra assenza per chiudere la nostra roba dentro scatoloni e portarla via…Lui aveva questo “simpatico e approssimativo” modo di comportarsi. Si giustificò dicendo:- Mio figlio si sposa, avevo bisogno dell’appartamento-. La cosa ci dispiacque, se non altro per il tempo che avevamo perso a riempire le pareti con  murales che simulavano gli interni di una nave, tuttavia, nel cambio, a parità di  canone d’affitto, ci era andata bene: l’alloggio era grandissimo, c’era anche un ampio soggiorno dove poter suonare. Si trattava di case popolari  costruite  nel 1925, con cortile interno alberato,  che si affacciavano su  corso Racconigi e corso Peschiera, di fronte all’ex Stabilimento Lancia. Ricordo benissimo che uscivo dal cancello di casa ed avevo un meraviglioso mercato rionale a portata di mano, dove vendevano praticamente tutto. Mario, mobiliere, ex partigiano, andava in giro vestito da straccione ma era pieno di soldi e si diceva che l’enorme sotterraneo risalente ai tempi di Pietro Micca, sotto il suo negozio fosse pieno di mobili e di bottiglie di vino..Un mito. Di noi solo Silvio aveva avuto l’onore di entrare dentro quel luogo fantastico, testimone di interminabili jam-session, durante le quali si suonava e si beveva, si beveva e si suonava… Silvio, prossimo al diploma  di clarinetto “classico” ma innamorato del jazz, mi parlava in continuazione dei suoi preferiti: Sidney Bechet, Benny Goodman, Tony Scott e i sassofonisti Coleman Hawkins, Lester Young, Charlie Parker e John Coltrane e poi di Bix Beiderbeke, Louis Armstrong, Dizzy Gillespie e Miles Davis, di cui non apprezzava la svolta elettrica. Eravamo affascinati dalla figura e dalla voce di Billie Holiday, la potenza del blues di Bessie Smith, la genialità degli arrangiamenti di Duke Ellington e dalla originalità di Thelonius Monk e Charlie Mingus..
Mario raccontava di aver girato da giovanotto per le balere del Piemonte suonando  con la sua orchestra e prediligeva un repertorio swing  fatto di Standard, Ballad, aggiungendo qualche Tango e  molta Mazurca… Dopo cena, ci spostammo in soggiorno, e lì estrasse dalla cassetta degli attrezzi il suo Clarinetto, scelse un’ancia fra le numerose sparse tra chiodi e bulloni, la inserì nel beccuccio, accordammo gli strumenti, per quel che fu possibile, e partì con  un disperato Saint Louis Blues,
Ah hate tuh see dat ev'nin' sun go down,
yes, Ah hate tuh see dat ev'nin' sun go down,
et makes me think  Ah'm on mah las' go 'roun'(…)
Ah, odio vedere il sole che tramonta la sera..
Mi fa pensare che è anche il mio ultimo giro..
..Io e Silvio lo seguimmo per tutta la notte con due chitarre. Suonammo Dinah con un tempo molto rallentato, rispetto a quello stratosferico di Diango Reinardth,  Petit Fleur  di Sidney Bechet, che era il suo cavallo di battaglia, e poi anche Amapola I'm in the Mood for Love, Embraceable You, alquanto lontana dalla versiona suonata da Bird e dal giovane Miles, però in chiave molto confidenziale…
Embrace me, my sweet embraceable you
Embrace me, you irreplaceable you
Just one look at you
My heart grows tipsy in me
You and you alone
Brings out the gypsy in me..
Verso le due di notte Silvio, l’unico di noi che conosceva veramente dove stesse di casa la musica, riuscì a strappare di mano lo strumento a Mario ormai completamente obnubilato, e lo fece finalmente suonare! (lo strumento). Un diavolo di blues violaceo s’impadronì di lui:

 I woke up this morning just 'bout half past four
Hesitation blues was knocking on my door
Tell me, how long, do I baby, have to wait
Can I let you know?
Why must I hesitate?

Chi ha ascoltato la versione acustica di Esitation Blues  suonata da  Jorma Kaukonen, sa che parte con un incedere da lento ragtime,  come lo suonava il  reverendo Gary  Davis, ad un certo punto s’impenna e il chitarrista degli Hot Tuna comincia a correre come un treno spinto dal possente basso di Jack Casady. Così fece Silvio con il clarinetto: ebbe un moto di ribellione verso suoi studi classici e si abbandonò ad una lunga e serrata improvvisazione swing: le sue note fluide, taglienti, cristalline come quelle di un flauto traverso, riempirono la nostra miseria per qualche minuto e  inseguendole con il pensiero abbiamo superato la velocità della luce insieme a chi le aveva create.. Poi il blues scese lento su Mario che russava, in “quattro quarti”... Ad un certo punto abbiamo esaurito, insieme al repertorio, tutto quello che c’era da bere, compreso il vino della raccolta personale, che aveva una densità molto vicina a quella dello sciroppo e la grappa del nonno alpino che uccise completamente le nostre ultime risorse mentali..
Per casa gravitavano ancora studenti, musicisti, insegnanti, pittori e qualche topo notturno. Dentro c’era una fitta nebbia.. Alcuni di loro si fermarono a dormire, altri andarono via diretti al “Capolinea del n.8”, ad ascoltare il gruppo Aldo Rindone e Guido Scategni, o in qualche altro posto a bere, forse a gironzolare senza meta nell’attesa di schiarirsi le idee.
 Arrivò con il giorno il sabato ed insieme, Fausto, che era venuto per lavare la sua “Lambretta” e mangiare a sbafo. Faceva il postino, ma non ci ha mai portato una lettera, una cartolina, un vaglia postale. Aveva portato finalmente una bottiglia di vino che quella volta bevve tutto da solo.


[Mr Hyde]

lunedì 15 maggio 2017

A PUGNI CONTRO IL RAZZISMO





Tratte da Magazzini Inesistenti, alcune considerazioni su Hurricane da Desire di Bob Dylan e Jack Johnson di Miles Davis.

A pugni contro il razzismo – di Mr. Hyde


L’attacco del violino in Hurricane di Bob Dylan è l’inizio di un racconto di rabbia e tristezza: è come quando vedi passare qualcuno, veloce e risoluto, e gli chiedi: “Dove cazzo vai?” e quello, senza fermarsi né girarsi a guardare “Seguimi, te lo dirò strada facendo”. Un po’ come succede nelle parole di quella canzone degli Osibisa“Woyaya”“We are going, Heaven knows where we are going, We will know we’re there”Hurricane, al secolo Rubin Carter, è un pugile che ha visto consumarsi la vita in prigione, accusato di omicidi non commessi, ingiustamente e certamente per il colore della sua pelle. La canzone di Bob Dylan (scritta a quattro mani con Jacques Levy) è contenuta nello stupendo “Desire”,  pubblicato dalla Columbia nel 1976.
“Ora tutti quei criminali in giacca e cravatta / sono liberi di bere Martini e guardare il sole sorgere /
mentre Rubin siede come Budda in una cella di pochi metri / un innocente in un inferno vivente. /
Questa è la storia di Hurricane / ma non sarà finita finché non riabiliteranno il suo nome /
e gli ridaranno indietro gli anni che ha perduto / Lo misero in galera ma un tempo sarebbe potuto diventare / campione del mondo”.
Un manifesto contro il razzismo e in generale anche sugli errori di una giustizia in quel caso (e non solo) ingiusta. Un altro pugile, il primo afro-americano che nel 1908 si aggiudica il titolo mondiale dei pesi massimi, Jack Johnson (1878-1946), non avrebbe mai immaginato che negli anni 60-70 sarebbe diventato un eroe del riscatto dei neri americani. Nell’ambito degli hard boppers i temi dell’orgoglio razziale e della reazione alle leggi contro gli americani di colore, erano molto sentiti, ed anche Miles Davis che, fra l’altro, negli anni 50 aveva frequentato il mondo della boxe, si era regolarmente allenato nel periodo in cui viveva a New York ed era amico di Sugar Ray Robinson. con quest’album dedicato al pugile volle rendere nota la sua posizione. Infatti nel 1970 per la Columbia pubblicò “A Tribute to Jack Johnson” che conteneva  la soundtrack registrata in studio come colonna sonora del documentario sulla vita del pugile. Prendere a pugni le discriminazioni razziali, in un momento in cui grandi uomini come Malcom X (nel 1965) e Martin Luther King nel (1968) venivano assassinati brutalmente. Ritornando all’album, è costituito da due brani: Right off, che prende forma a partire dalla base creata da John McLaughlin, seguita dal basso di Michael Henderson e Billy Cobham alla batteria, su  cui a turno improvvisano Miles Davis alla tromba, Steve Grossman al sax soprano e Herbie Hancock all’organo elettrico; e Yesternow, registrato in parte con la prima line up e successivamente con la sezione ritmica formata da Dave Holland al basso e Jack DeJohnette alla batteria, mentre a McLaughlin viene affiancato un altro chitarrista, Sonny Sharrock,  Chik Corea sostituisce Hancock alle tastiere ed al posto del soprano  Grosmann c’è il clarino di Bernie Maupin. Le modalità con cui si registrano i brani sono un po’ come in “Bitches Brew”, con una minore presenza di strumenti ed un ambiente sonoro meno denso, più essenziale, caratterizzato da una sezione ritmica incessante e potente. Nella fase di editing Teo Macero interviene in maniera decisiva mettendo in risalto gli strumenti nel momento dell’assolo e creando una dinamica che dà  all’ascoltatore la sensazione di muoversi dentro l’ensemble. Aggiunge tra un vuoto e l’altro dei take tratti da “In A silent way” che partono da lontano come frammenti che prendono forma per un momento e poi scompaiono. Un album pieno di forza e di intensa drammaticità, un urlo contro il razzismo – perché la musica serve anche a questo -. Ai tempi d’oggi quei criminali in giacca e cravatta” sono ancora e più di ieri “liberi di bere Martini e guardare il sole sorgere” dai loro grattacieli e niente è cambiato sul fronte dell’anti-razzismo. E’ davanti ai nostri occhi. Bruschi passi indietro per la Democrazia americanaNulla è cambiato, anzi, qualcosa è peggiorato da quel triste 22 novembre 1963, quando Jacqueline Kennedy vide volare via il cervello e le idee di “pace, libertà e democrazia” del marito John Fitzgerald, trucidato da entità invisibili la cui parola d’ordine era ed  è:  “Ogni presidente buono è quello ammazzato”.

lunedì 1 maggio 2017

IL 1° MAGGIO NEGLI ANNI '50 E '60..IMMAGINI E RICORDI.


Il primo maggio nei comuni della provincia siciliana degli anni '50 e '60: immagini dei cortei durante gli scioperi (nella provincia di Siracusa in quegli anni i braccianti agricoli conducevano cruente battaglie per migliorare il loro contratto di lavoro - Lotte sanguinose, nel dicembre del 1968 morirono due giovani braccianti durante una manifestazione ad Avola).
E poi immagini di scampagnate e gite fuori porta (di casa). Il carrettino dei dolciumi, le feste di paese con il cantante "famoso" a buon prezzo..Non si navigava nell'oro ma il mondo con i suoi drammie le sue speranze,  era più a portata di mano..











Le foto sono di Paolo Florio, contenute nel suo libro "Avola immagini di ieri" edizioni Florio Film, 2002

Soundtrack:                 MARE NOSTRUM - Galliano,Fresu, Lundgren