cassetti confusi

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mercoledì 1 febbraio 2017

IMPRESSIONI DI "INDIA" NELLE NOTE DI COLTRANE E NELLA LETTURA DI PASOLINI

Molte cose mi passano per la testa. Partono da profonde considerazioni esistenziali e poi trovano riscontro nella musica, nella lettura...
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate su queste considerazioni che ho scritto su MAGAZZINI INESISTENTI.

John Coltrane: “Impressions” (1963) – di Mr. Hyde





“I Suonatori erano ammassati lì sopra: suonavano una specie di pianola, un tamburo, uno strumento a fiato. Questi strumenti facevano un baccano assordante, accompagnando e sottolineando con violenza inaudita i canti strazianti e patetici degli attori.” (1)

Nel 1961 Pierpaolo Pasolini (insieme ad Alberto Moravia ed Elsa Morante) si reca in India e riporta le sue impressioni su un diario di viaggio, più tardi pubblicato con il titolo “L’Odore dell’India”. Nello stesso anno vengono eseguiti e registrati dal  vivo al Village Vanguard  i due brani di John ColtraneIndia ed Impressions. Uno strano parallelismo che ho cercato e voluto, nel tentativo di visualizzare un mondo così misterioso, così carico di spiritualità e contemporaneamente di drammatica povertà, dove la vita è così vicina alla morte quasi da poterci andare oltre.

Un poeta d’immagini e un musicista mistico: leggere l’uno ascoltando l’altro per trovare riscontri dentro uno stesso contesto storico e sociale. India è un momento importante del percorso artistico di Coltrane che coinvolge la sua musica, la ricerca di sé stesso e delle radici della sua gente, il rapporto della sua vita artistica con i profondi cambiamenti del mondo. Il sassofonista è affascinato da quella cultura e dalla musica ad essa intimamente legata: frequenta il sitarista Ravi Shankar e scopre i raga e quanto essi siano un misto di musica e filosofia nella loro complessità e nel loro essere dettati dai tempi, dalle stagioni, dagli stati d’animo. La loro struttura musicale aperta che dà un senso ciclico di infinito, così come succede ascoltando  i canti gregoriani, forme modali che non “risolvono” mai, influenza profondamente le sue idee. India nasce da suggestioni legate a quel mondo, ai raga, e ai canti devozionali. Suggestioni riapparse più potenti, distorte e amplificate dalla forte presenza di strumenti percussivi nella parte iniziale di “Om”, album registrato nel 1965 e pubblicato nel 1968 dalla Impulse!, nella drammatica parte recitativa tratta dal Bar-do Thos-grol”, (Il Libro tibetano dei morti) e nell’esplosione free mista a pulsioni psichedeliche che segue. Ma India è meno esplicito, più meditativo. Mentre ascolti ti sembra scivolare sopra le acque del Gange così calme in superficie  e così piene di un  ribollente movimento di molecole appena sotto.
“Man mano che la barca si stacca, vediamo apparire la riva in tutta la sua estensione: in alto in fondo scintillano le luci, e controluce, si eleva una specie di città di Dite, ma di proporzioni modeste, quasi rustiche. Sono le pareti dei palazzi che i maraja e i ricchi si costruiscono per venire a morire sul Gange (…)” (2).
Immagini e suoni di una terra dove antica miseria e sofferenza convivono con lo splendore del Taj Mahal, dove l’ampio tendone dell’induismo un tempo garantiva una pacifica simbiosi di religioni, dove un occidentale non avrebbe mai compreso a pieno tutto quello che succedeva davanti ai suoi occhi.
 “Nell’acqua del Gange si immergono i cadaveri prima di bruciarli, nell’acqua del Gange si buttano, non bruciati, ma sistemati tra due lastroni di pietra, i santoni, i vaiolosi e i lebbrosi, nell’acqua del Gange galleggiano tutti i rifiuti e le carogne di una città che praticamente è un lazzaretto perché la gente ci viene a morire. Ebbene, in quest’acqua si vedono centinaia di persone che si lavano accuratamente, tuffandosi beate, restandovi immerse fino alla cinta, a sciacquarsi mille volte, a lavarsi bocca e denti (…)” (3).

Purezza e sporcizia, morte e rinascita,  luce e oscurità, come il contrasto tra il suono del soprano di John Coltrane e il clarino basso di Eric Dolphy che ipnotizzano simili a incantatori di cobra. Suoni e note a volte ti cullano, altre ti aggrediscono e non conviene resistere con la ragione ma abbandonarsi lungo la corrente, cullati dal fluido background poliritmico creato da Elvin Jones con il suo lavoro su piatti e rullante ricco di accenti, e dal  piano  di McCoy Tyner,  mentre l’effetto del tamburo ad acqua creato da due bassi acustici suonati da Jimmy Garrison Reggie Workman in maniera incessante, sostiene le evoluzioni dei solisti, rendendo l’idea di un rito tribale in lontananza. ”Coltrane era molto affascinato dal tamburo ad acqua indiano, sostanzialmente uno strumento di bordone che tiene una nota fissa mentre gli altri improvvisano attorno ad essa.” (4). Lui stesso diceva: “Mi piace che la musica sia pesante nel profondo” (5). L’atmosfera mistica di India anticipa quella di “A Love Supreme” (1965, Impulse!) altro capolavoro entrato a far parte della storia del jazz. L’album “Impressions” originariamente pubblicato nel 1963 dalla Impulse!, contiene i due brani live al Village Vanguard insieme a Up ‘Gainst The Wall After the rain, registrati rispettivamente nel 1962 e nel 1963 al Van Gelder Studio. Qui John Coltrane guida il suo “Quartetto classico” a cui si sono uniti da Eric Dolphy e Reggie Workman sulle tracce dal vivo. Questa  line up gli consente di prodursi  in interminabili, intensi, potenti e drammatici  assolo. Pur essendo il risultato di brani registrati in tempi diversi, l’album contiene alcune delle molteplici componenti della personalità musicale di Coltrane: il misticismo e la spiritualità in India, il riferimento a So What del Miles Davis modale in Impressions, il blues in Up ‘Gainst The Wall  e la predilezione per le ballads  nella sognante After the rain. A tutto questo si aggiunga una costante progressiva tendenza a distaccarsi dalle consuete modalità espressive del jazz suonato dai suoi contemporanei con lo scopo di rivoluzionare le regole dell’improvvisazione, anzi, spazzarle via. Coltrane oscilla tra la rigida geometria verticale delle sheet of sound che fa pensare alla perfezione matematica di Bach, alla totale mancanza di punti fissi felicemente trovata nella New Thing del suo amico Ornette Coleman. Il senso dell’universo e il suoi misteri comandano la sua vita e la sua musica: sembra tutto indissolubilmente legato, forse per questo è affascinato dal pensiero di Albert Einstein“La cosa più bella che noi possiamo provare è il senso del mistero. Esso è la sorgente di  tutta la vera arte e di tutta la scienza. Colui che non ha mai provato questa emozione, colui che non sa più fermarsi a meditare e rimanere rapito in timorosa ammirazione, è come morto: i suoi occhi sono chiusi.” (6).
Coltrane non si è mai fermato nella ricerca di nuove forme compositive ed espressive: la sua smodata curiosità, la sua esuberanza creativa lo hanno spinto oltre le estreme possibilità dello strumento per raggiungere territori inesplorati; è stata una breve ma intensa avventura, e di tutto quello che è successo, continuiamo a goderne i frutti con gratitudine.

Si ripete così la vecchia storia: il mondo stupendo, e orrendo e io che lo contemplo, ricco, fin troppo ricco, degli strumenti necessari a registrarlo”. (7)


Tracks: 00:00 – India / 14:10 – Up ‘Gainst The Wall / 17:25 – Impressions / 32:21 – After The Rain
Personnel: John Coltrane – soprano and tenor saxophone. McCoy Tyner – piano (exc. track 2).
Jimmy Garrison – double bass. Elvin Jones – drums (exc. tracks 4). Roy Haynes – drums (tracks 4).
Eric Dolphy – bass clarinet, alto sax (tracks 1 and 3). Reggie Workman – double bass (tracks 1 and 3).
(1), (2), (3), (7): da Pier Paolo Pasolini “L’odore dell’India” con “Passeggiata ad Ajanta” e “Lettera da Benares”Milano, Garzanti Libri, 2009. (4) da: Joe Goldberg, “Jazz Masters of the Fifties” New York, MacMillan 1965. (5)citazione da un discorso di John Coltrane  tratta da: Joe Goldberg, “Jazz Masters of the Fifties” New York, MacMillan 1965. (6) da: Leopold Infield “Albert Einstein” Torino, Giulio Einaudi Editore, 1962.

7 commenti:

Berica ha detto...

Valeva la pena di aspettare per leggere questo post intrigante e stimolante.
Intanto ascolto India e non escludo di "ripassare" Pasolini.
Grazie Hyde!

mr.Hyde ha detto...

@ Berica:

Un piccolo libro che ti fa "vedere" più di un film.Se ascolti "India" mentre leggi certe pagine è perfetto. Grazie di tutto. Buon fine settimana!

Santa S ha detto...

Forse dovremmo iniziare anche noi a fondare delle chiese come la Saint John William Coltrane African Orthodox Church.
Un post caleidoscopio di viaggio, come la musica e certi libri... Grazie per queste suggestioni.

mr.Hyde ha detto...

@ Santa S:
Grazie per la pazienza di avere letto e per avere apprezzato. Questo era un post dedicato alla spiritualità di Coltrane e ho cercato questa spiritualità nelle immagini -parole di Pasolini..

Cavaliere oscuro del web ha detto...

Un post molto interessante.
Saluti a presto.

mr.Hyde ha detto...

@ Cavaliere oscuro del web:
Grazie per la visita e per le informazioni sul tuo blog riguardo all'iniziativa "La Libertà non è un bavaglio". Martedì verrò fuori con un post sull'argomento o grafico o musica o..si vedrà!

Anonimo ha detto...

...a volte qualcosa non mi dà pace e allora sento che devo fare passi indietro per andare avanti,magari cercare in posti come il tuo,dove ci sono già stata ma è rimasto incompleto qualcosa che sentivo ti appartenesse senza riuscire ad afferrarlo del tutto!

Ho sempre sentito forte il legame ,i collegamenti nell'universo..e adesso mi ritrovo con il tuo profondissimo senso di spiritualità che hai percepito associando musica e scrittura ... qualcosa che va oltre il mio sentire oltre che rafforzarlo e confermarlo!

Cosa hanno alcune anime come la tua più di altre ,da riuscire a toccare l'immensità e il mistero stesso?
Hai la cultura e la capacità straordinaria di esprimerti e di cogliere fiori in terre aride...

Non so cosa accadrà quando sarà quel sottofondo a guidare la lettura!..mistero nel Mistero!

Grazie Mr Hyde...

L.